Limiti e Libertà – Le rane chiedono un Re
Personalmente trovo le favole di Fedro molto sottili e ricche di spunti di riflessione sulla natura dell’animo umano. Per questo vi propongo la lettura di “Le rane chiedono un re”, che affronta uno dei temi più interessanti e complessi della relazionalità umana. La capacità di gestire la libertà e l’empatia in un rapporto, ovvero l’apparente contradditoria “attrazione” verso chi ci limita e ci “regala” frustrazioni. Fedro evidenzia abilmente la difficoltà di riconoscere e valorizzare la libertà di espressione nella società, ma una riflessione più ampia ci illumina sui ruoli nelle relazioni. Se il cittadino fa fatica a valorizzare un governo permissivo e cerca il miglioramento raggiungendo una limitazione della libertà, in amore spesso non si riconosce il valore dell’ascolto e della comprensione e si è attratti da un altro che limita e fa soffrire l’anima. A mio avviso, una delle tappe dello sviluppo ontologico più elevate è rappresentata proprio dalla capacità di autoregolarsi ed investire in chi ci valorizza, ovvero di non essere attratti da “carnefici” o di non “perdere” sé stesso nell’altro. In altre parole, si può parlare di una maturazione completa quando ciò che desideriamo è ciò che spontaneamente cerchiamo, quando i nostri sentimenti sono liberi di esprimersi e le nostre azioni sono dettate da ciò che sentiamo e non da ciò che gli altri ci permettono di fare oppure no. Quando chi ci permette di essere noi stessi acquista il giusto ruolo nella vita e quando riusciamo a stare lontano da chi, pur cercandolo, ci fa del male.
Buona lettura!!!
Quando Atene fioriva con leggi di uguaglianza,
la sfrenata libertà sconvolse la città
e il capriccio infranse l’antica moderazione.
A questo punto, cospirati i partiti delle fazioni politiche,
Pisistrato occupa come tiranno l’Acropoli.
Visto che gli Ateniesi piangevano la triste schiavitù
(non perché quello fosse crudele, ma poiché ogni peso
era un fardello per quelli che non erano abituati) e dato che avevano iniziato a lamentarsi,
allora Esopo raccontò la seguente favoletta.
“Le rane, che vagavano libere nelle paludi,
chiesero con grande clamore un re a Giove,
che frenasse con la forza i costumi dissoluti.
Il padre degli dei rise e diede loro
un piccolo bastone, che, lanciato, per l’improvviso
movimento e suono del guado spaventò la pavida specie.
Poiché queste giacevano da tempo immerse nel fango,
casualmente una silenziosamente fa capolino dallo stagno,
e, ispezionato il re, chiama tutte quante.
Quelle, lasciata ogni paura, nuotano a gara verso il re,
e una massa sfacciata salta sopra il bastoncino.
Avendolo disonorato con ogni insulto,
inviarono a Giove delle rane per chiedergli di un altro re,
in quanto quello che era stato dato loro era inutile.
Allora inviò loro un serpente d’acqua che con dente spietato
iniziò ad afferrarle ad una ad una. Incapaci di difendersi, tentano invano di
sfuggire alla morte, la paura toglie la parola.
Allora di nascosto affidano a Mercurio un’ambasceria presso Giove,
perché soccorra le afflitte. Allora il dio in risposta:
“Poiché non avete voluto conservare la vostra fortuna,” disse
“sopportate fino alla fine la disgrazia!”
Anche voi, o concittadini”, disse,
“sopportate questo male, affinché non giunga una disgrazia maggiore”.